Il succo dell’analisi di Morozov è il seguente:
sotto la parvenza di grande balzo in avanti, la rivoluzione digitale non è altro che un subdolo modo in cui – scientemente o no – pochi grandi gruppi hanno accentrato nelle loro mani un potere immenso, portando il capitalismo in una nuova fase. E delegando alle app il controllo su molti nostri comportamenti, stiamo rinunciando all’agire politico per cambiare gli stessi alla radice o, più semplicemente, stiamo perdendo l’abitudine di individuare altre possibili soluzioni che non siano quelle di mercato.
Dopo la stroncatura sgarbata di Alec Ross, non potevo non affrontare questa raccolta di articoli di Evgeny Morozov. Lo avrei fatto ugualmente, perché Morozov è una penna storica di Internazionale.
L’oggetto del libro non sono tutte le aziende innovative, non certamente la robotica, ma le imprese della Silicon Valley presenti più facilmente nell’immaginario collettivo di questi prima dieci anni del XXI secolo.
Vi avviso subito: a) sono articoli molto intensi, b) ci sono dei passaggi un po’ ripetuti, c) vi sarà ancora più chiaro Dani Rodrik quando – in un libro di cui parlerò a breve – sottolinea come i nostri cugini delle altre scienze sociali siano un po’ meno avvezzi a curare passaggi logici e chiarezza.
Ma voglio rassicurarvi sul fatto che, dopo aver preso confidenza con il modo di scrittura di Morozov, quel che dice si capisce benissimo. E il succo è che le nuove tecnologie ci stanno distraendo, facendoci abbandonare l’opzione politica (vedi oltre) e dimenticare le intrinseche debolezze del capitalismo.
Di seguito riporto tre esempi di cambiamento apportato dalla rivoluzione digitale:
1) Le società occidentali si sono scoperte in sovrappeso. Siamo quindi tutti impegnati perdere peso per piacerci di più o, più seriamente, per riguardare la nostra salute. Aggeggiando con il nostro smartphone, scopriamo una bellissima e innovativa app che registra quanti passi facciamo e, quindi, le calorie consumate e allo stesso tempo (inserendo dati su cibi e bevande consumate) ci fa una disamina delle calorie ingerite. Bello vero? Tutto è sotto il nostro controllo, alla fine della giornata, un report automatico ci spiega in cosa abbiamo sgarrato e spetta ai nostri sensi di colpa (sic!) aiutarci a dimagrire: se siamo sovrappeso è colpa nostra. Morozov sottolinea due cose: a) l’app ha trasferito la responsabilità del sovrappeso a noi – in cambio le abbiamo regalato i nostri redditizi dati; b) abbiamo abbandonato la possibilità di rispondere ad una semplice domanda: perché la società moderna è in sovrappeso? Forse non è tutta colpa nostra, ma delle aziende alimentari che usano troppi zuccheri e/o del bombardamento che subiamo in pubblicità (vedi le ore trascorse a parlare di cibo o vedere programmi che parlano di cibo). Abbiamo (implicatamente) deciso di non prendere in considerazione altre opzioni;
2) Le grandi piattaforme della Silincon Valley, soprattutto quelle della cosiddetta sharing economy, stanno dando l’impressione al cittadino medio di esser entrati “in un autentico post-capitalismo collaborativo”. Invece, togliendo la patina della retorica, si vede chiaramente “che è il buon vecchio capitalismo con la sua tendenza a mercificare tutto. Prendiamo la condivisione degli appartamenti: in poco tempo si è passati dal condivisione dei divani (couchsurfing) con uno spirito profondo di dono (come direbbero gli antropologi), alla reciprocità dello scambio alla pari delle case, allo scambio puro in cui si mette a disposizione un proprio bene per trarre profitto. Ovviamente, la crisi economica ha reso allettante la sharing economy: i fondatori di Airbnb iniziarono proprio perché l’unico bene di cui disponevano era un materasso gonfiabile… Ma questo comportamento non è poi cosi diverso da quello di Gervaise Macquart che nell’Assommoir di Zola vende tutti i suoi beni, come ultima risorsa, per sopravvivere.
Alcune mie riflessioni dal punto di vista economico:
a) se tutti proponiamo le nostre case su queste piattaforme, si hanno due effetti: i prezzi degli affitti di lungo periodo (quelli per capirci delle persone normali, non dei turisti) crescono; i centri cittadini si svuotano, perdono la loro anima e diventano dei grandi agglomerati di casa abitate da persone di passaggio (estremizzo lo so…). Il tutto a discapito della coesione sociale, della vitalità dei quartieri centrali e dell’eterogeneità dei residenti. Qui il modello di segregazione di Shelling si applica benissimo;
b) a questo gioco vincono (estraggono rendita o fanno profitti) i proprietari di casa, le piattaforme e le nuove società che si propongono di aiutarvi nell’essere albergatori – con buona pace per la retorica della sharing economy. Perdono tutti quelli che non hanno proprietà da mettere in condivisione (vi ricordo che il subaffitto è illegale in Italia). E questo aumenta la disuguaglianza sociale;
c) chi ci perde alla grande è il settore alberghiero e, come conseguenza, i lavoratori del settore che potrebbero non essere proprietari di casa e, se non riassorbiti in altri settori, rimanere a spasso e senza un reddito;d) qui per molti c’è lo spazio per un reddito di cittadinanza universale. Peccato che questo debba essere finanziato attraverso le tasse, ma queste piattaforme spesso non pagano le tasse da noi…
3) Morozov diventa ancora più interessante quando parla dell’interazione fra i signori della Silicon Valley e lo Stato. E discute come per molti, le nuove tecnologie possano chiaramente sostituire con maggior controllo la regolamentazione. Portando quest’ultima ai minimi, come vorrebbero i libertari americani. E è qui emerge appieno il vecchio capitalismo, quello per cui il welfare è solo un costo e non un patto collettivo con il quale si vuole minimizzare l’incertezza e – aggiungerei – la solitudine del cittadino globale. E non è un caso che lo smantellamento della rete sociale (ri)porti a galla l’odio per l’altro (in qualunque accezione vogliate declinarlo). E di nuovo, stiamo abbandonando la discussione politica.
Quale è la risposta del sistema (vedi Ross) a Morozov? Che è un luddista, contrario all’innovazione. E invece, il suo punto di vista è molto pù profondo, vorrebbe almeno cercare di farci pensare alle conseguenze a lungo termine dell’abbraccio – senza condizioni – a questa rivoluzione digitale. Buona lettura!
Ps: mi spiace Ross, ma ti sei sbagliato..