Negli ultimi mesi, spinto da curiosità e dai suggerimenti di un paio di amici/colleghi, ho iniziato a leggere libri sulla robotica, le nuove tecnologie e il loro (possibile) impatto sulle nostre vite e, ovviamente, sul mercato del lavoro. Ed è così che ho incontrato per caso, perdendomi in una libreria questo piccolo libro di 160 pagine: “Robot fra noi”. Come spesso capita il titolo italiano trae in inganno, il titolo inglese (“Robot futures”) è più chiaro e spiega meglio quali sono le intenzioni dell’autore.

Nourbakhsh in sei brevi capitoli ci presenta i risultati della robotica finora raggiunti e come potrebbe essere l’evoluzione da qui a 30 anni. Si parte con l’analisi della “mediacrazia”, quel connubio fra nuove tecnologie e marketing che ha fatto la fortuna di ben note piattaforme. L’autore spiega bene come, con l’aiuto e lo sviluppo di data mining e web analytics, i giganti di internet stiano letteralmente sfondando la frontiera del marketing. E questo avviene anche con il nostro aiuto, che troppo facilmente cediamo informazioni personali sensibili. Su questo punto Nourbakhsh non si illude e sa benissimo che siamo i primi a cedere pezzi sempre più grandi della nostra privacy in cambio di un giochino o poco più: “l’economia e la tecnologia sono forze potenti, molto più convincenti, in termini sociali, del desiderio di salvaguardare la propria identità personale” (p.40).

Questo è solo un capitolo di passaggio, che permette all’autore di spiegarci come il marketing stia allo stesso tempo sfruttando e guidando alcuni degli sviluppi nel settore della robotica: dai sistemi di visione artificiali (face tracking) alla rivelazione delle persone in una stessa area.

La parte più interessate è quella in cui Nourbakhsh ci avvicina ai robot analizzando sei diverse categorie: la struttura, hardware, l’elettronica, il software, la connettività e il controllo. Le caratteristiche fisiche (capacità motorie, piuttosto che peso) sono essenziali per determinare cosa i robot possano o non possano fare in termini di movimento e influenzano a cascata i motori (l’hardware) e/o le batterie di cui necessita. Un’altra sfida importante è stata quella di rendere libero il robot da risorse elettroniche esterne e rispettare i limiti imposti da struttura e hardware. Il grande apporto in questa categoria è stato dato dallo sviluppo dei video giochi che hanno sempre più sviluppato elementi elettronici (per la realtà virtuale) che possono essere facilmente riconvertiti per servire allo sviluppo dei robot (vedi Kinect della Microsoft). Tralasciando le problematiche del software che riguardano l’incapacità di trovare uno standard comune (sempre che c’è ne sia bisogno), le ultime categorie sembrano essere quelle che hanno fatto il salto più rilevante: la connettività e il controllo.

La connettività ha permesso ai robot moderni di essere più leggeri e di prendere a prestito risorse dall’esterno, senza avere un collegamento fisico ad un computer o senza portare al suo interno le informazioni rilevanti. D’altra parte lo sviluppo di un dialogo fra l’uomo e la macchina rende possibile un lavoro comune in cui la seconda può fare operazioni prevedibili senza l’intervento del primo. Tutte le sei categorie sono profondamente collegate e lo sviluppo di una ha ripercussioni enormi su tutte le altri con un effetto di scala rilevante.

Gli sviluppi intravisti di queste categorie portano l’autore a fare alcune speculazioni sul possibile futuro delle macchine, sul loro ruolo nella società, sulla loro capacità di vivere in simbiosi con l’uomo e sulla possibilità di un’ibridazione (attraverso le nanotecnologie) fra gli uomini e le macchine. Ma lascio al lettore questa parte futiristica.

Ultimi piccolo appunto: all’inizio di ogni capitolo, forse per ammorbidire la pillola, Nourbakhsh, trasformandosi in romanziere, mette in scena un possibile futuro. Sinceramente ce lo poteva risparmiare, le storie sono pensanti e, al mio giudizio, possono essere saltate appiè pari.

PENSARE LA MACROECONOMIA